Parliamo un po’ di San Remo
Partiamo dallo share, come prima serata Amadeus batte Baglioni 52,2% a 49,5%. con una media ascolti di 10milioni /un po’ meno 11milioni telespettatori ,che non sono pochi !! quindi piaccia o non piaccia è ancora l’unica vetrina per la musica italiana. “Al di là dei numeri, ieri sera il festival di San Remo è stato vinto da Rula Jebreal”, ha detto Coletta, durante la tradizione conferenza stampa del mattino al Festival di Sanremo. “L’ottimo risultato ottenuto è il segnale che nonostante questo festival avesse come sotto testo il 70° anniversario, in realtà ha saputo unire contemporaneità a tradizione, unire racconto e performance”, ha aggiunto Coletta. Elegantissima nell’abito lungo color argento Rula Jebreal , entra in scena sul palco dell’Ariston: “Sanremo è un posto carico di energie bellissime, ma le scale più importanti sono quelle dell’aereo che mi ha portato in Italia quando avevo vent’anni”, dice visibilmente emozionata. “Stasera facciamo parlare la musica e tutti noi cerchiamo di fare un passo in avanti”, dice ad Amadeus che le chiede un consiglio. “Cerchiamo di non fare gaffe magari”, aggiunge con un sorriso. E il conduttore: “Non posso prometterlo, ma mi impegno”. Poi l’urlo di Rula Jebreal contro la violenza sulle donne: “Non dobbiamo più avere paura, noi donne vogliamo essere libere nello spazio e nel tempo, essere silenzio e rumore e musica”. Il suo urlo ha il tono pacato e durissimo insieme della denuncia, del racconto del dramma della madre suicida dietro lo stupro, delle canzoni scritte da uomini, Battiato, Vasco Rossi e Francesco De Gregori che dimostrano che “è possibile trovare le parole giuste per raccontare l’affetto, il rispetto e la cura”. La classifica della prima serata del 70/o Festival di San Remo, in base al voto della giuria demoscopica, composta da 300 persone: Le Vibrazioni (Dov’è), Elodie (Andromeda), Diodato (Fai rumore), Irene Grandi (Finalmente io), Marco Masini (Il confronto), Alberto Urso (Il sole ad est), Raphael Gualazzi (Carioca), Anastasio (Rosso di Rabbia), Achille Lauro (Me ne frego), Rita Pavone (Niente – Resilienza 74), Riki (Lo sappiamo entrambi), Bugo e Morgan (Sincero). Mi trovo abbastanza d’ accordo sulla classifica, da rivedere Gualazzi, Morgan e Bugo, Riki. Alberto Urso “Il Sole Ad Est” credo sia l unica canzone SanRemese mi ricorda Il Volo. Irene Grandi canzone scritta da Vasco e di difficile interpretazione, senza mettersi ad immaginare lui che la canta, unico e inimitabile nel genere probabilmente se la canta lui altro mondo , lei la preferisco in altre canzoni . Marco Masini canzone da risentire lo ritengo un grande artista e mi prendo un po’ di tempo per giudicarlo Anastasio sicuramente tra i primi quattro credo sia l’unico che riesce a farmi piacere il rap Il vincitore della serata sia Achille Lauro non per la canzone in se, e riuscito ad essere protagonista in tre minuti quindi l unico che farà tanto fuori dal Ariston. ”Me ne frego” è solo il titolo della canzone ma lui molto attento nel gioco e nella provocazione. A mio parere personale, l’unico che osa e azzarda , nulla lascia al caso, con una performance ad effetto, forse con l intonazione un po’ da rivedere, ma sicuramente d ‘effetto che farà parlare e lo renderà sicuramente il vero vincitore del festival .Come afferma Lui, ha voluto rappresentare la spoliazione di San Francesco. “La storia della rinuncia di San Francesco ai beni materiali è un messaggio universale che ancora oggi risulta di grande attualità”,. Il tutto nasce da una ricerca che Lauro e il suo team creativo hanno sviluppato nei mesi precedenti, e al Festival ha trovato il suo sbocco naturale con Gucci che da subito ha voluto sposare il progetto. Molto bella la canzone delle Vibrazioni “Dov’è” che nell’ occasione si sono fatti accompagnare da un interprete della lingua dei segni, come nel 2013 quando Daniele Silvestri portò sul palco un interprete della Lis, presentando la canzone in gara ‘A bocca chiusa’. L’edizione numero 70 di San Remo ha tra i suoi protagonisti anche la Lingua dei Segni. Le canzoni hanno avuto una speciale traduzione realizzata ad hoc. Nelle cinque serate del Festival è previsto un potenziamento delle attività di comunicazione intralinguistica per sordi, ciechi e ipovedenti. Un vero e proprio Festival parallelo, Sanremo Live LIS. Un progetto con la direzione artistica di Laura Santarelli, costruito in modo da coinvolgere nella diretta dello spettacolo, su un canale dedicato di Rai Play. Tutto avviene a Roma, nello studio virtuale di Via Teulada a cura di Rai Pubblica Utilità. Quindici performer, tutti con meno di trent’anni, di cui tre sordi, debitamente selezionati da Rai Casting per la loro padronanza della Lingua dei Segni Italiana (LIS), interpretano in contemporanea con San Remo tutte le canzoni e le esibizioni dei cantanti. Un’operazione tecnica e artistica: traducono il testo e lo accompagnano con una performance del corpo, quanto più possibile vicina allo spirito e al ritmo della canzone. Lacrime e soprattutto standing ovation per una grandissima artista Rita Pavone che oltre aver venduto milioni di dischi, scritto la storia della musica italiana ed oggi ormai impossibile da eguagliare. Sul palco oltre a mettere tutta se stessa la sua grinta e la sua solita energia ha mostrando ancora una voce invidiabile convincendomi che l’ età e anagrafica. Elodie e Diodato li metto sullo stesso piano canzoni difficili nel interpretazioni e convincenti . Elodie mi ricorda molto Mahmood in “ Soldi “infatti lui la scritta insieme Dardust come si dice il marchio di fabbrica canzone fresca e attuale radiofonica sicuramente di grande impatto ritengo tra i favoriti .. Diodato mi colpisce per la poesia e nel intensità, un esecuzione magistrale ,nel ritornello raggiunge tonalità impossibili , lui senza sbavature le fa sembrare semplici. Tecla e Leo Gassmann passano alla semi finale delle Nuove Proposte . Con il 50,6% delle preferenza della giuria Demoscopica, la giovane vincitrice di Sanremo Young ha battuto gli Eugenio in Via di Gioia. Con il 54% delle preferenza della giuria Demoscopica, composta da 300 persone, il giovane rampollo della famiglia di attori, con il brano Vai bene così, ha battuto
Norah Jones
Norah Jones (New York, 30 marzo 1979) è una cantautrice, polistrumentista e attrice statunitense. Ha ottenuto un grande successo nel 2002 con l’album di esordio Come Away with Me, che ha venduto circa 25 milioni di copie. Dopo questo strabiliante successo mondiale ha vinto molti premi internazionali, tra cui 5 Grammy Award in una sola serata, record stabilito solo da altre 4 artiste: Alicia Keys, Beyoncé, AmyWinehouse e Lauryn Hill. Ha replicato i consensi nel 2004 con Feels Like Home e nel 2007 con l’album Not Too Late, che hanno consolidato la sua popolarità e l’hanno resa una delle cantautrici dell’odierno panorama musicale più riconosciute e più affermate, avendo venduto circa 15 milioni di album solo negli USA, circa 40 milioni di album in tutto il mondo e vincendo in pochi anni nove Grammy. Nel 2006 è entrata a far parte del progetto musicale The Little Willies, in cui suona pezzi d’annata americani con alcuni suoi vecchi amici. Norah, figlia di Ravi Shankar, il grande maestro di sitar, insegnante tra l’altro del Beatle George Harrison, non è cresciuta con lui ma solo con sua madre, Sue Jones, cantante di musica soul, che le ha trasmesso l’amore per la musica. Il suo nome completo originario all’anagrafe era Geethali Norah Jones Shankar: all’età di 16 anni lo ha legalmente cambiato in Norah Jones, a conferma del difficile rapporto con il padre. Fino a qualche anno fa, di lui riusciva solo a dire “è un grande musicista”. La sorella, figlia di Ravi e di un’altra donna, AnoushkaShankar, di due anni minore, è anche lei una musicista: “ha un talento raro”, dice di lei Jones. Con la madre visse a New York fino al 1983, anno in cui la piccola compiva quattro anni. Da allora, si trasferirono a Grapevine, Texas, dove visse fino ai venti anni. Nella sua casa non mancarono mai dischi dei classici del blues e del jazz: Billie Holiday, Aretha Franklin, Ray Charles e Bill Evans. All’influenza musicale materna bisogna aggiungere quella che ricevette da sua nonna, un’appassionata del forte country degli Outlaws, da Hank Williams a Willie Nelson. Jones incominciò a studiare canto e si unì al coro della chiesa per cantare gospel, nel periodo in cui iniziava gli studi di pianoforte e sassofono. Era lontana dall’essere un’alunna modello: era abbastanza incostante e lasciò lo studio varie volte. Il suo primo contatto col jazz l’ebbe a Dallas, entrando da adolescente all’Istituto Booker T. Washington. Nel 1996 e 1997 conquistò vari premi di interpretazione e composizione per studenti. Terminato l’istituto entrò all’Università di North Texas, dove studiò pianoforte e teoria nella sezione jazz. Lì dopo aver maturato un buon livello sulla tastiera, formò il suo primo gruppo. A venti anni compiuti, Jones girò a New York per alcune brevi ferie e non volle ritornare nel Texas, con grande dispiacere di sua madre. Una volta nella “Grande Mela”, si buttò immediatamente nel fertile circuito di concerti al Greenwich Village e collaborò con diverse band. Abbandonò l’università, incominciò a scrivere le sue prime canzoni, fece parte per un po’ di un gruppo funk fusion, WaxPoetic, e finalmente fondò il suo proprio gruppo col bassista Lee Alexander, il chitarrista e compositore di Don’t Know Why, Jesse Harris, ed il batterista Danno Rieser. Per quell’epoca si stabilizzò come cantante nel club notturno The Living Room. Dopo aver fatto breccia con la propria voce nel cuore di alcuni discografici, tra cui Bruce Lundvall della Blue Note, la cantante riesce a dare alle stampe il suo primo album solista, prodotto da ArifMardin, un nome fondamentale della musica jazz e soul: Come Away with Me. Senza grande promozione e senza rotazioni radiofoniche massicce, Norah conquista comunque una fetta di pubblico mano a mano più ampia in tutto il mondo, vendendo milioni e milioni di copie: un risultato impensabile. A trascinare l’album è il singolo Don’t Know Why. Un successo così fulmineo non è cosa da tutti i giorni, e apre in quel periodo alla talentuosa Norah le porte di ogni grande palcoscenico musicale. Torna dopo due anni, nel 2004, con un nuovo album, Feels Like Home. Alle atmosfere calde del precedente disco, si aggiungono qui delle note country che impreziosiscono ancora il lavoro, confermando la Jones come una delle artiste più amate al mondo. In quel periodo collabora anche con uno dei suoi miti, Ray Charles, nel brano Here We Go Again, ultimo lavoro importante del re del soul prima della sua scomparsa. Il brano più importante di questo secondo disco è anche uno dei più famosi nella carriera di Norah Jones, Sunrise. Sulla stessa strada, ma con una vela più malinconia e introversa, il suo terzo album, Not Too Late, che conferma il suo successo. Ma dal 2008 tutto nella sua vita cambia: lascia il suo fidanzato storico, la sua band, taglia i suoi capelli e modifica il suo stile per il quarto album, The Fall. Stavolta il successo commerciale non arriva, anche se la critica continua a sostenerla. Da allora la sua carriera è proseguita tra alti e bassi, ma non è più riuscita a tornare sui livelli di inizio millennio. Cosa fa oggi Norah Jones? Continua a produrre buona musica, con la sua consueta dolce energia. Il suo ultimo album, Day Breaks, risale però al 2016.
Bob Dylan: quando la poesia diventa canzone
Bob Dylan (Duluth, 24 maggio 1941) è un cantautore, compositore, musicista e poeta statunitense. Nato Robert Allen Zimmerman ha legalmente cambiato il suo nome in Bob Dylan nell’agosto 1962. Distintosi anche come scrittore, poeta, pittore, scultore e conduttore radiofonico, si è imposto come una delle più importanti figure a livello mondiale in campo musicale, in quello della cultura di massa e in quello della letteratura. Oltre ad aver di fatto creato la figura del cantautore contemporaneo, a Dylan si devono, tra le altre cose, l’ideazione del folk-rock (in particolare con l’album BringingItAll Back Home, 1965), il primo singolo di successo ad avere una durata non commerciale (gli oltre 6 minuti della celeberrima Like a Rolling Stone, 1965) e il primo album doppio della storia del rock (Blonde on Blonde, 1966). Il video promozionale del brano SubterraneanHomesick Blues (1965) è considerato da alcuni il primo videoclip in assoluto.L’album Great White Wonder (1969) ha lanciato il fenomeno dei bootleg, mentre la tripla antologia Biograph (1985) è considerata uno dei capostipiti dei box set. Tra i molti riconoscimenti che gli sono stati conferiti vanno menzionati dieci Grammy Award,tra cui quello alla alla carriera nel 1991, il Polar Music Prize nel 2000, il Premio Oscar nel 2001 (per la canzone Things HaveChanged, dalla colonna sonora del film Wonder Boys, per la quale si è aggiudicato anche il Golden Globe), il Premio Principe delle Asturie nel 2007, il Premio Pulitzer nel 2008, la National Medal of Arts nel 2009, la PresidentialMedal of Freedom nel 2012 e la Legione d’Onore nel 2013. Il 13 ottobre 2016 gli è stato conferito il Premio Nobel per la letteratura con la seguente motivazione: Prima di lui solo George Bernard Shaw era riuscito a vincere sia un Nobel che un Oscar. È stato anche nominato Commandeur de l’OrdredesArts et desLettres dal ministro della cultura francese Jack Lang a Parigi il 30 gennaio 1990. La rivista Rolling Stone lo inserì al secondo posto nella lista dei 100 miglior artisti, al settimo in quella dei 100 migliori cantanti e, nel 2015, al primo in quella dei 100 migliori cantautori. Nel corso degli anni Dylan ha ampliato e personalizzato il suo stile musicale arrivando a toccare molti generi diversi come country, blues, gospel/spiritual, rock and roll, rockabilly, jazz e swing, citando anche musica popolare inglese, scozzese e irlandese Importantissimo nell’evoluzione della musica popolare, Bob Dylan si è imposto con una musica d’autore caratterizzata per la moderna vena poetica. Fonde folk, country, gospel, soul e cita le ballate liriche inglesi oltre alla musica popolare scozzese e irlandese. Riprende le liriche dal rock ‘n’ roll e fa leva su una voce nasale baritonale che risente la lezione del blues: un genere che “ha cantato in modo glaciale, tutto bianco, diametralmente opposto a quello caldo e sofferto dei neri.” Gli sono riconosciute la paternità del folk rock, genere che adotta una strumentazione elettrica allontanandosi dalle armonie del folk, quella della psichedelia, nonché l’invenzione dell’album inteso come opera d’arte e non più solo come semplice raccolta di canzoni. Dopo il secondo album The Freehweelin’ Bob Dylan (1963), con cui si imporrà alle masse come cantautore generazionale di protesta, Dylan si è allontanato dai “talking blues” delle origini per abbracciare il folk rock con l’album della maturità Highway 61 Revisited (1965) e la psichedelia, come confermerà il successivo Blonde on Blonde (1966). Subito dopo l’uscita di John WeasleyHarding (1967), dai toni asciutti e severi, il suo repertorio si è addolcito in modo considerevole abbracciando il country. A conferma di questa nuova fase vi sarà Nashville Skyline (1969) che contribuirà a popolarizzare il genere country rock. Più tardi avrebbe pubblicato Blood on the Tracks (1975) e Infidels (1983), annoverati rispettivamente i capolavori degli anni settanta e ottanta e avrebbe intriso il repertorio di riferimenti Tex-Mex come evidenziano PatGarrett (1973) e Desire (1976). Con la conversione dell’artista al cristianesimo evangelico del 1979, il musicista ha pubblicato esclusivamente musica dai connotati religiosi per qualche anno. Successivamente, è tornato a pubblicare album dal caratteristico stile cantautoriale citando occasionalmente le sue origini folk e rock. AllMusic lo considera esponente del “folk politico”, della “canzone di protesta” del “contemporary pop/rock” e dell’”AM pop”.